Ermafroditismo: Semenya sarebbe un dio greco

Ermafroditismo
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 Ermafroditismo: un tocco divino

La forma di ermafroditismo con cui è nata l’atleta è molto rara Nel mito la creatura è figlia di Afrodite e Hermes. A Palazzo Massimo, l’Ermafrodito dormiente si allunga sul suo letto di marmo, le natiche candide, il corpo atteggiato nell’abbandono che solo la consapevolezza di una condizione assoluta consente. Oggi la storia di Caster Semenya fa scandalo, ma per gli antichi l’ermafroditismo  era la presenza di  un dio.

Per questo le sue ipòstasi umane potevano essere socialmente accolte solo nell’ordine del sacro. Quando una creatura del genere nasceva, o si rivelava tale, la grande macchina della religione antica si metteva in moto, trasformando il monstrum, quello che Mircea Eliade chiama «l’ermafrodito concreto», nella figura dell’«androgino rituale», capace di riunire in sé la potenza magica e religiosa di ambedue i sessi.

Ermafroditi erano gli esseri originari secondo la fabula che Aristofane racconta nel Simposio di Platone, in base alla quale la stessa pulsione erotica degli umani sarebbe legata alla ricerca – infinita – della metà perduta. Secondo il più antico e ortodosso mito olimpico, Ermafrodito era figlio di Hermes e Afrodite. Dalle pitture pompeiane ai fotogrammi di Star Trek, da Ovidio a Freud, da Balzac a Virginia Woolf, il sigillo di questo dio ha continuato a imprimersi nella letteratura e nell’arte.

Hermes più Afrodite. Se è vero che gli dèi olimpici, secondo la frase di Jung, sono rimasti relegati nel profondo e riemergono alla psiche sotto forma di complessi, sintomi di tensioni irrisolte, epifanie di un archetipo inquieto, le due divinità da cui Ermafrodito si genera nel mito antico sono le più potenti del mondo odierno. Afrodite, come ha spiegato quel geniale ed eretico discepolo di Jung che è James Hillman, sovraintende non solo alla sfera dell’erotismo e del sesso, ma anche a quella del consumo e della pubblicità, alla «pornografia» televisiva delle immagini che seducono e producono la libido incontrollabile dell’acquisto, qualunque ne sia l’oggetto, che illudono e deludono con il fantasma del possesso, di qualsiasi natura sia. Quanto a Hermes, la divinità che sovraintende da sempre alla comunicazione tra mondi, è il dio della Rete, vola scintillante tra le residue antenne tv, corre lungo i cavi a banda larga, aleggia nelle connessioni wireless che solcano sempre più fitte i nostri quartieri, si annida nella griglia Gps e nei suoi poteri palesi o occulti.

Non è dunque un caso se l’icona eburnea di Caster Semenya, di una sacralità totemica, dinamica, quasi sciamanica, antitetica al languore e al biancore dell’ ermafroditismo ellenistico, abbia pervaso giornali e tv, che le sue straordinarie performances abbiano calamitato l’attenzione globale, che se ne sia ricercato, e trovato, il nucleo profondo, biologico-genetico o, come penserebbero gli antichi, numinoso e divino. E’ figlia di dèi potenti. Che ci mandano, forse, anche un messaggio – perché, come si sa, gli dèi sono sempre vivi, ma esercitano un potere diverso e usano linguaggi diversi a seconda delle epoche e dei loro tabù.

L’ ermafroditismo oggi

La nostra epoca è dominata da una grande paura collettiva: la virilizzazione della donna, la sua acquisizione, nella vita privata come in quella sociale, di attributi e ruoli per tradizione maschili. Testicoli nascosti e una forza tremenda, la capacità di battere in velocità, di polverizzare ogni record. Con questi tratti altamente simbolici il mito dell’ermafrodito – non maschio svirilizzato né femmina mascolina, ma un maschio e una femmina perfettamente compiuti e efficienti riuniti in uno stesso essere autonomo – si manifesta oggi a noi in tutta la sua vitalità, adeguando alla psiche odierna quella capacità di atterrire e esaudire, che gli antichi chiamavano sacralità.

di: SILVIA RONCHEY

da:  http://www.lastampa.it

Commento del Dott. Zambello

E’ vero, Jung rifacendosi ad una letteratura alchemica,    dice  che l’ ermafroditismo  é il simbolo dell’unificazione dei contrari.  Fu  Platone a sostenere che  la condizione originaria dell’uomo,  prima che gli dei lo separassero come uomo e donna,  era Ermafrodita. Dal momento della separazione  l’uomo non é più il “tutto”  ma solo il simbolo dell’uomo, destinato a cercare  spinto dall’amore  l’altra sua parte,  nella tensione continua a fondersi a diventare Uno.  Il  Tutto, inteso come  “fuso”, “indifferenziato”,  sono simboli  di grande potenza.  Archetipi che ci attraggono continuamente ma, solo allontanandoci da questi,  pur riconoscendone la forza  interna,  ci possiamo avviare verso la  “individuazione”. Scrve infatti Jung *: … agli effetti dell’ individuazione, come é indispensabile che uno sappia disinguersi da ciò che egli appare a se a agli altri, altrettanto lo é che acquisti coscienza del suo sistema di relazione con l’inconscio, cioé con l’Anima, per potersene distinguere”.

* C.G. Jung.  L’io e l’inconscio, in Opere Vol VII : Boringhieri 1983

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