Gelosia: il sentimento doloroso. Non per tutti.

Gelosia
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Intervista a Sergio Benvenuto

Gelosia deriva dal greco zêlos, che significava invidia, emulazione, rivalità. Oggi De Mauro-Dizionario della lingua italiana – definisce la gelosia un “Sentimento doloroso che nasce da un desiderio di possesso esclusivo nei confronti della persona amata e dal timore, dal sospetto o dalla certezza della sua infedeltà”. L’origine greca del termine porta quindi a considerare la gelosia nelle sue diverse variabili piuttosto che in un ambito definito.

Sergio Benvenuto, filosofo e psicoanalista, ha appena pubblicato il libro La gelosia per il Mulino, e inizia proprio con questa definizione di De Mauro. Gli chiediamo

cos’è per lui la gelosia: si tratta di un’emozione, di un sentimento o di un istinto?

Emozioni, sentimenti e istinti sono cose tra loro sempre implicate. L’istinto sessuale, ad esempio, ci porta a specifiche emozioni erotiche e ci può ispirare un sentimento di amore per una persona che desideriamo. Se piuttosto mi vuol chiedere se tutti siamo gelosi, se cioè la gelosia sia una risposta istintuale universale, ebbene, la risposta è no. Ciascuno di noi è più o meno incline alla gelosia, così come ciascuno di noi è più o meno incline all’infedeltà sessuale, al gusto del gioco o dell’alcool… Gli antropologi poi ci hanno descritto società gelosissime – com’era il Mezzogiorno d’Italia fino a pochi decenni fa – e società in cui invece la gelosia sembra bandita, dove al partner, uomo o donna, si permette una totale promiscuità. Le culture umane sono variabili almeno quanto variano gli individui in una stessa cultura……….

Ma la gelosia esiste ancora oggi, o e’ semplicemente un retaggio dei tempi antichi?

Indubbiamente viviamo in un’epoca di crisi della gelosia, soprattutto maschile. Certo la gente continua ad essere più o meno gelosa come in passato, eppure la nostra cultura svaluta i sentimenti gelosi. Ad esempio, in Italia nel 1981 fu abolito il delitto d’onore, ovvero le attenuanti date a chi aveva ucciso per gelosia. Certo, la gelosia era spesso stigmatizzata nel passato, ma oggi essa è vissuta sempre più come un sentimento riprovevole, di cui vergognarsi. Questo perché la nostra cultura ha fatto proprio l’ideale della libertà sessuale, in particolare delle donne. Certo, si valorizza ancora molto la fedeltà, ma non la si esige più come obbligo; ci si augura che l’amato sia fedele così come ci si augura di non ammalarsi di cancro, ma se accade… Sempre meno la fedeltà è una condizione imprescindibile perché la coppia duri.

Anche in certi spettacoli, di cinema o tv, che formano le nuove mentalità il tradimento del partner viene poi perdonato. Inoltre, colpisce che quando un film o un romanzo mostra un geloso, ce lo rappresenti per lo più come un pazzo furioso. Come se essere gelosi equivalesse ad una paranoia gravissima.

Devo dire che finora ho incontrato molti che mi contestano su questo punto: sono sicuri che invece la gelosia sia in aumento, trionfi! E’ vero che oggi avvengono orrendi delitti di gelosia, ma sono sempre avvenuti.

Ma l’evoluzione ci porta quindi a considerare la gelosia come forma comportamentale patologica?

Paradossalmente, oggi la psichiatria crede sempre meno nella malattia mentale… Possiamo parlare di eccessi, come quando la gelosia porta all’omicidio o al suicidio, ma ogni eccesso è malattia mentale solo perché è eccesso? Nessuno sa più bene che cosa significhi malattia mentale, e che cosa non lo sia. La psichiatria moderna (DSM) parla solo di “disordini”, vale a dire di comportamenti e vissuti che fanno soffrire chi li ha, o chi gli e’ vicino. Tutto qui. Cent’anni fa si considerava l’omosessualità una gravissima malattia e perversione sessuale, oggi invece si pensa che essere omosessuali sia una forma di essere normali. La cosiddetta scienza psichiatrica di fatto segue le mutazioni delle mentalità.

Ovviamente per la psicologia evoluzionista la gelosia non è affatto una malattia mentale: essa riflette la lotta di ogni animale Ego per assicurarsi che il proprio partner si prenda cura solo della prole avuta con Ego. Per la biologia evoluzionista la gelosia è un sentimento indispensabile: patologico, caso mai, è chi non è affatto geloso. L’evoluzionismo esclude che la gelosia sia una patologia. A meno che non si tratti di deliri di gelosia paranoica, quando cioè si è convinti che il partner tradisca anche se non se ne ha la minima prova. Ma qui si parla di patologia non perché uno sia geloso, ma solo perché si produce una deformazione completa della realtà, solo perché uno delira.

Lei,quindi, come definirebbe un comportamento esasperantemente geloso?

Le definizioni lasciano il tempo che trovano. Possiamo parlare tutt’al più di gelosie eccessive, distruttive, ecc. Ma basta la distruttività per giudicare qualcosa patologico? Ad esempio, possiamo diagnosticare come casi patologici dei despoti come Saddam Hussein o Gheddafi solo perché sono o sono stati così distruttivi? Di fatto, si usa “patologico” più come un insulto che come una definizione medica seria – anziché dire “sei uno scemo!”, si dice “sei un malato mentale!”. Molti credono che gli insulti riflettano delle categorie scientifiche, ma non è così.

Spesso le persone mi chiedono “ma questo è patologico?” Questo perché si ha bisogno di incasellare, di sapere che cosa è bene e che cosa è male. Di sapere che cosa è malato e che cosa no. Un’anoressica è malata, un obeso è malato? Ma si tratta di giudizi morali, non di fatti. La psichiatria in gran parte non è una scienza obiettiva, è un manuale catechistico che stabilisce chi è malato (da curare) e chi non lo è (da non curare).

Nel suo libro descrive la gelosia negativa, cosa intende dire?

Ho analizzato quelli che chiamo “gelosi negativi”, ovvero persone che sembrano essere l’opposto del geloso: godono nel sapere che il loro partner li tradisce. La psicoanalisi mostra che questi anti-gelosi nel fondo sono dei super-gelosi: la loro strategia consiste nel rovesciare la loro angoscia in piacere. Come ho cercato di mostrare nel mio libro “Perversioni” (Bollati Boringhieri), possiamo considerare tutte le perversioni sessuali, in un certo senso, dinieghi della gelosia. Le perversioni sono in fondo delle gelosie rovesciate.

Esiste una soluzione per la gelosia, visto che a suo dire non é affatto una sana manifestazione d’amore verso l’atro?

Non c’è cura specifica della gelosia. Anche perché, lo ripetiamo ancora una volta, la gelosia più diffusa non è patologica, nel senso che non tutti i gelosi sono paranoici od ossessivi-compulsivi. E’ fastidiosa, inutile, perdente, ridicola, ma non è patologia. Perché, in un certo senso, non esiste la patologia.

Possiamo solo dire che alcune persone sono più gelose di altre. Altre, pensiamo, sono TROPPO gelose. Secondo la Teoria psicologica dell’Attaccamento, la maggior disposizione a ingelosirsi dipende dal tipo di madre che si è avuto. Se si è avuto da piccoli una madre affettivamente inaffidabile, allora si tenderà a considerare inaffidabile anche il proprio partner, pur se fedelissimo. Secondo questa teoria, ci andiamo a scegliere dei partner che replicano difetti e virtù di nostra madre, insomma, in amore saremmo sempre “mammoni”. Secondo questa teoria, anche una donna, quando sceglie un uomo, torna di nuovo alla propria mamma….

Da secoli, del resto, scrittori, saggisti, moralisti, filosofi, hanno messo in dubbio che la gelosia sia segno inequivocabile di amore. Quasi tutti hanno detto, invece, che la gelosia può rivelare piuttosto un odio per il partner. Già nel Seicento La Rochefoucauld diceva che la gelosia nasce sempre con l’amore, ma spesso non muore con esso. Spesso la gelosia è la forma amorosa che assume l’odio.

Secondo lei, quali libri scientifici ci danno l’immagine più pertinente e veridica della gelosia oggi?

Ho grande ammirazione per studiosi che hanno cercato di spiegare la gelosia, come Freud, Girard, Lacan, David Buss, ecc. Ma devo dire, in tutta franchezza, che le teorie che si vogliono scientifiche sembrano tutt’oggi ad un livello molto arretrato e ingenuo rispetto alle descrizioni della gelosia che ci hanno dato alcuni grandi scrittori o cineasti. Tutta la psicologia cognitiva sulla gelosia non vale descrizioni come quella di Euripide (Medea), Shakespeare (Otello), Tolstoj (Sonata a Kreuzer), Proust, Buñuel (El), Schnitzler, Kubrick (Eyes Wide Shut), Grossmann (Col corpo capisco) e altri grandi. Su questo tema, non c’è dubbio che le scienze devono mangiare ancora molta polenta per raggiungere la raffinatezza dell’arte e della letteratura.

di LENA STAMATI

da: http://www.agenziaradicale.com

Commento del Dott. Zambello

Riporto  uno stralcio di questa bella e lunga intervista a Sergio Benvenuto che vi consiglio di leggere integralmente sul tema della gelosia. Benvenuto sostiene che in fondo non c’è patologia nella gelosia, qualsiasi siano le manifestazioni esterne o le cause personali di questo comportamento che lui stesso definisce “doloroso”.  Le prime, le manifestazioni, dice Benvenuto,  sono solo  delle risultanti  culturali, mentre a livello personale è impossibile definire qualcosa di patologico perchè  non esiste alcuna scienza, in primis la psichiatria che abbia delle categorie certe e scientifiche. E’ vero, molte definizioni di patologico e malattia mentale si sono modificate nel tempo se non addirittura sfaldate  ma, non è vero che non sia possibile identificare qualcosa che é soggettivamente limitante.  E’ questa la grande differenza tra la psichiatria e la psicoanalisi.  Alla psicoanalisi non  interessa etichettare i comportamenti come sani o ammalati , sono categorie che non le appartengono ma  distinguere dinamiche evolutive da altre che non lo sono. Ad esempio, la gelosia in alcuni casi è il sintomo di rapporti di “tipo primario”, dove l’altro non è solo, come dice Benvenuto,  una proprietà da difendere ma una parte fusa e confusa con il sé. La gelosia, é l’epifenomeno di una situazione implosiva e mortifera.  Sostenere  che in questi casi  in fondo c’è poco da fare  perchè   è solo una questione culturale, mi sembra che ci sia,   non solo la svalutazione di tutta  una letteratura psicoanalitica,  ma anche  dell’esperienza clinica che   Benvenuto come psicoanalista dovrebbe avere.

E’ vero che i poeti e gli scrittori, gli artisti tutti possono conoscere,  comunicare con l’inconscio molto più direttamente di quanto lo possa  possa fare la scienza.  Jung  ne era profondamente convinto ma ne conosceva anche i pericoli ed i limiti di tale possibilità e sosteneva che “l’esercizio dell’arte è un’attività psicologica (…) e come tale è e deve essere sottoposta ad analisi psicologica” “C.G.Jung, Psicologia e poesia”, Bibl. Boringhieri.

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4 commenti

  1. Egregio dr. Zambello, vorrei sottolineare anche il fatto che vi è una sostanziale differenza tra chi è geloso quando il suo amato o amata si interessi a qualcuno o qualcuna, e tra chi pur avendo l’amato/a in casa, magari timoroso/a di Dio, è certo, sicuro, strasicuro, che abbia subito un tradimento. Come si fa a non affermare la patologia di quest’ultima forma di gelosia? Quando si prescinde totalmente dalla realtà esterna, sovrapponendone un’altra, quella dei propri fantasmi inconsci, è sicuramente patologia. Capisco il politicamente corretto, capisco che non si possa ormai più dire “sessuale” ma “genere”, ma che non si possa più nemmeno dire patologico quando lo è in modo macroscopico ritengo sia un gigantesco arretramento degli studi psicoanalitici attuali.
    Cordialità.

  2. Gent.mo Sergio,
    se ha bisogno di etichettare, etichetti pure ma, il problema non è li. Non si tratta di stigmatizzare una situazione, se pur dolorosa ma di capirne le dinamiche. Solo in questo modo è possibile vederne una soluzione. altrimenti sono solo degli “sfoghi”.

  3. Denominare un fenomeno nasce da un’esigenza non nominalistica ma scientifica, quindi è dinamica, non discriminante, errore tipico del politicamente corretto. Se nell’analisi di una poesia la definisco “ode” lei pensa che io la stigmatizzi rispetto al sonetto?

  4. Restare amici degli ex, in tempi lontani sembrava quasi impossibile. Le mentalità antiche ci insegnano che quando una storia è chiusa, è chiusa per sempre. Pare che, invece, si possa considerare attualmente un’inversione di tendenza. Un sondaggio condotto dall’agenzia Eliana Monti mostra che il 38% dei single, con in testa gli uomini (56%), mantiene un ottimo rapporto con i propri ex partner, mentre le donne si dimostrano leggermente più scettiche (44%).

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